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ARCHIDONNE


L'ottava intervista fotografica del progetto Archidonne è dedicata a Caterina Pilar Palumbo, in arte thecaterpilar.


L'intervista a Caterina Pilar Palumbo



Classe 1987, Caterina Pilar Palumbo è un'architetta, specializzata in ristrutturazione e progettazione d'interni.

Nata e cresciuta a Bergamo, nel 2012 si laurea in Architettura al Politecnico di Milano e consegue un master in Museografia e design dei siti archeologici.

Ha lavorato per diversi studi di architettura, tra Milano e Bergamo, e ora thecaterpilar è il suo studio, il luogo fisico dove prendono vita i suoi progetti.

Come scrive lei stessa nella sua bio su Instagram, ha la testa nel design, i piedi sempre sul cantiere e tra le mani spesso una macchina fotografica.


Quando ho scoperto il profilo di Caterina su Instagram sono rimasta subito colpita dalla sua casa-studio: uno spazio luminoso e colorato dove una scala e un soppalco in acciaio blu sono i protagonisti indiscussi del progetto. Grazie alla creazione del soppalco si è potuto sopraelevare la camera da letto e dividere l'appartamento in spazi abitativi e di lavoro.


Ed è proprio lì che ho deciso di fotografarla, nel luogo creato a sua immagine e somiglianza, dove ogni giorno vive e lavora.



Thecaterpilar possiamo definirlo il tuo nome d'arte. Anche se posso intuirlo, mi piacerebbe sapere da te la ragione di questo nome.


Il nome thecaterpilar deriva semplicemente dall’unione dei miei nomi Caterina Pilar. In più, in inglese “caterpillar” significa bruco. Il bruco che diventa farfalla mi è sembrata la metafora perfetta per indicare la trasformazione di un edificio durante la ristrutturazione!



Quando hai preso la decisione di metterti in proprio, è stato un salto nel vuoto, hai rischiato o eri pienamente consapevole di quello che stavi per fare? La gavetta fatta negli studi di architettura in che cosa ti ha formato principalmente?


Fino a quando mi è stato possibile ho affiancato il lavoro negli studi di architettura con l’attività da libera professionista, poi nel 2017 un progetto mi ha portato lontano da Milano per qualche tempo e da lì è iniziato tutto.


Il lavoro in studio è stato fondamentale e molto formativo per tradurre la teoria imparata in università in un lavoro reale e concreto.



Credi che il tuo contributo alla società come architetto sia puramente estetico o puoi veicolare qualcosa di più grazie ai tuoi progetti?


L’estetica è una parte fondamentale del mio lavoro, ma l’architettura non si ferma lì. Nella progettazione d’interni ogni dettaglio contribuisce a far vivere in un determinato modo le persone nel loro quotidiano e questo per me ha un enorme valore.

Nella progettazione di esterni la responsabilità aumenta, perché aumentano le persone che interagiscono con il progetto: pensa al numero di persone che ogni giorno vedono l’esterno di un edificio!

Credo proprio che in questo risieda la responsabilità sociale dell’architetto/a.




Dove cerchi l'ispirazione iniziale, per riempire il foglio bianco? Come si fa ad immaginare qualcosa che non c'è? e come alimenti la tua creatività?


La progettazione non è solo un gesto creativo, io inizio sempre ascoltando molto, ascolto i desideri, le necessità, i dubbi - a volte ascolto anche le parole non dette, quello che i clienti inizialmente non sanno esprimere.


Poi sovrappongo questi desideri alla mia visione dello spazio per arrivare a una moodboard che definisce lo stile e l’atmosfera del futuro progetto.



In che modo si costruisce una personale cifra stilistica come architetto? Pensi che sia giusto essere riconoscibile ripetendo elementi già sperimentati e collaudati o preferisci sperimentare sempre qualcosa di nuovo nei tuoi progetti, uscendo dalla tua comfort zone? o 50 e 50?


Credo esista un modus operandi che ogni professionista sviluppa nel tempo, e credo sia naturale usare alcuni elementi riconoscibili che derivano dalla propria ricerca progettuale.

Ci sono tonalità, materiali e proporzioni che preferisco, ma in ogni progetto bisogna sempre cercare di fare un passo in più, essere curiosi e sperimentare.


La ricerca non si deve mai fermare, altrimenti diventerebbe un lavoro noioso!


Come hai concepito il progetto e lo spazio del tuo studio di architettura? C'è una ragione particolare per l'uso di questo blu nella scala e nella struttura del soppalco?


Prima della ristrutturazione lo spazio era chiuso e buio, quindi ho cercato di trovare degli accorgimenti per massimizzare la luce e lo spazio, ho creato un open space e ho aumentato la superficie inserendo il soppalco.


Il punto focale del progetto doveva essere caratterizzato da un materiale e un colore diverso dal resto: ho scelto il blu per creare l’effetto di un secondo cielo.



Come vieni vista dalle maestranze e dalle varie tipologie di professionisti che gravitano intorno al mondo dell'architettura che quasi sempre sono uomini? Ti rispettano, ti temono, ti sottovalutano? Riscontri dei pregiudizi da questo punto di vista? Riscontri dei pregiudizi anche per la tua giovane età?


Un giorno in cantiere una persona mi ha detto “come mai una donna ha il metro in mano?”: affermare che non ci siano pregiudizi di genere nel mondo dell’architettura vorrebbe dire negare la realtà. Le difficoltà ci sono, perché per anni l’edilizia è stata appannaggio del mondo maschile, ma i tempi cambiano e le laureate in architettura hanno superato il numero dei colleghi uomini.


Quindi consiglio di avere la risposta pronta, far valere le proprie opinioni e affrontare le situazioni con fermezza e gentilezza, senza farsi troppi problemi.


In foto, Caterina tiene un campione di plexiglass colorato


Cos'è la Bellezza in architettura per te, come la costruisci?


La bellezza di un luogo è legata a molti fattori: dipende dall’armonia dei volumi, dei colori, della luce, dei dettagli e infine dalla loro interazione con le persone che la abitano.



Perché non ci racconti un po' del tuo progetto Blu Botanico? Com'è nata l'idea e di che cosa si tratta?


Blu Botanico è nato durante il lockdown dall’incontro con la designer Francesca Meana e la fiorista Domitilla Baldeschi Oddi.


In quel periodo così particolare ho voluto mettermi in gioco progettando un prodotto. Blu Botanico è un cofanetto di carte floreali e ispirazionali acquistabile online; su ogni carta è presente l’illustrazione di un fiore e il suo significato. Le carte sono totalmente blu per un chiaro richiamo alle cianografie, un antico processo di stampa fotografica caratterizzato dal tipico colore blu di Prussia. Siamo molto legate a questo processo perché Anna Atkins stampò il primo libro fotografico con le impressioni cianografiche di fiori e alghe del suo giardino.


In foto, sulla parete, le carte del cofanetto Blu Botanico


In questo lavoro occorre tanta pazienza, quando si apre un cantiere il risultato finale è molto lontano, bisogna avere la capacità di adattarsi agli imprevisti ed essere disposti ad apportare cambiamenti e modifiche in corso d'opera, ma immagino che ci sia un certo legame e un'affezione particolare per il progetto che si era pensato inizialmente ed è difficile discostarsene. Come risolvi questo aspetto?


La tolleranza, la flessibilità e la capacità di risolvere problemi sono requisiti fondamentali per un progettista, sia in fase di progetto che durante il cantiere. Non bisogna cristallizzare un’idea ma, al contempo, penso sia importante mantenere l’essenza iniziale di un progetto, senza snaturarla.


Il moodboard ha proprio questa funzione: è un canovaccio con alcuni punti fissi, è una direzione da seguire che lascia dei margini di modifica.



Dimmi 3 parole chiave che identificano il tuo modo di progettare le case, quelle componenti fondamentali che secondo te non possono mancare in un progetto d'interni.


Per me i tre elementi portanti del progetto sono:


- la ricerca di un punto focale, un elemento che indirizzi lo sguardo nello spazio;

- l’importanza del vuoto, ossia l’equilibrio tra i pieni e i vuoti;

- l’ottimizzazione degli spazi: creare una buona distribuzione è fondamentale, sono una “piantista”, come si definiva Luigi Caccia Dominioni.


Questi tre elementi sono presenti nel progetto del mio studio, forse quello che mi rappresenta di più: il soppalco blu è il punto focale, il vuoto fa percepire la forma a cubo delle due stanze e la spazialità è stata ottimizzata al meglio rispetto ai (pochi) metri quadri che avevo a disposizione.



Sei la vicepresidente di RebelArchitette. Puoi spiegarci di cosa si occupa questa associazione?


Rebelarchitette è un’associazione APS che promuove la parità di genere nella professione. Fare architettura è difficile, ma fare l’architetta a volte lo è di più: gender gap, commenti fuori luogo, minor esposizione sui media, nelle conferenze, nelle giurie.

Rebelarchitette vuole “fare spazio” e per questo sostiene il lavoro delle architette e contribuisce alla loro diffusione tramite la promozione di ruoli al femminile, la diffusione del titolo professionale Architetta, il monitoraggio di eventi di settore con la campagna #timefor50, la collaborazione con altre reti internazionali e le attività di mentoring sul territorio.

In cinque anni di ricerca il team ha evidenziato più di mille esperte del mondo della progettazione a livello internazionale attraverso un libro ed una piattaforma in open source dedicata (www.rebelarchitette.it). Nel 2021 il curatore del Padiglione Italia ha voluto portare alla Biennale di Venezia la nostra curatela sulle progettiste italiane di eccellenza.



Nonostante la tua giovane età hai già uno studio tutto tuo. Che consiglio daresti ad una collega si affaccia oggi al mondo del lavoro?


Le consiglierei di fare molte esperienze per capire qual è la strada che vuole percorrere e di avere una rete di colleghi e professionisti con cui scambiare idee. Quando si è alle prime armi la cosa migliore che posso consigliare è quella di chiedere: chiedere in cantiere, chiedere ai colleghi, chiedere ai fornitori, è molto importante non vergognarsi ed essere sempre curiosi e reattivi.


E infine per intraprendere la libera professione bisogna avere tutte quelle skill che non rientrano propriamente nella progettazione; inizialmente mettersi in proprio vuol dire essere un “solopreneur”, quindi bisogna conoscere un po’ di marketing, psicologia, comunicazione, aspetti fiscali e legali: non bisogna scoraggiarsi, ma bisogna aver voglia di mettersi in gioco!



Per il tuo lavoro ti ritrovi a lavorare con diverse professioniste. Mi viene in mente la tua collaborazione con Violetta Breda di Architempore, per cui curi la rubrica del design in cucina nel suo blog. Com'è la collaborazione tra donne?


Ho iniziato a lavorare con l’architetta Violetta Breda e Architempore ormai più di tre anni fa ed è nata una bella sinergia. Trovo che la collaborazione tra donne sia molto stimolante e interessante. Mi piace molto creare una rete con altre professioniste che lavorano nel campo dell’architettura, è un ottimo modo per crescere e confrontarsi.


Che importanza hanno i social per il tuo lavoro? Che uso ne fai? Oggi si potrebbe lavorare senza?


I social sono una parte imprescindibile per comunicare il mio lavoro, ormai sono diventati il mio diario di viaggio quotidiano.


Sebbene io sia una persona abbastanza riservata, mi piace raccontare attraverso le immagini, e i social hanno la capacità di amplificare la comunicazione.



Se sei curioso di vedere i progetti di Thecaterpilar, puoi visitare il suo profilo su Instagram:

https://www.instagram.com/thecaterpilar/


Qui trovi il link al suo sito:

https://thecaterpilar.it/




Se sei alla ricerca di un fotografo per la realizzazione di RITRATTI PROFESSIONALI per il tuo sito web e i tuoi canali social puoi scrivere a martadavenia@gmail.com o compilare la richiesta di informazioni nella pagina Contatti del mio sito.


Se vuoi leggere le 6 interviste precedenti del progetto Archidonne le trovi qui:


https://www.martadavenia.com/post/archidonne-biancacalzolari



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